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Un paese allo sfascio senza immigrati

di Aldo 11 gennaio 2010

Immigrati nei campi

Roma, 10 gennaio 2020.

Caro Diario, ho fatto tardi in ufficio perché sono stata un’ora in coda al bar.

Evaristo, il proprietario, imprecava come al solito contro i leghisti («Piove, Maroni ladro»), colpevoli di aver allontanato gli extracomunitari dal paese.

Da quel giorno di dieci anni fa, dopo gli scontri di Rosarno, l’Evaristo non trova più un barista e gli tocca far tutto da solo.

I figli al bar non ci vogliono lavorare: Giacomo è architetto, Magda studia recitazione e lap-dance perché vuole entrare in politica.

Sua moglie Cecilia deve fare le pulizie nel locale, perché da quel giorno di dieci anni fa, quando tutti gli extracomunitari hanno lasciato l’Italia a bordo dei gommoni, le imprese di pulizia hanno chiuso.

Ormai c’è così tanta spazzatura per le strade che la nuova utilitaria della Fiat è cingolata.

Hanno chiuso anche i bar: quello dell’Evaristo è rimasto l’unico aperto in tutta la città, così ogni mattina c’è una coda che parte dal Raccordo Anulare.

In fila davanti a me c’era un signore del Prenestino con in braccio la madre novantenne.

Cecilia non la voleva far entrare perché dice che gli anziani sporcano e non si lavano.

In effetti è così, da quando non ci sono più le badanti.

Stavo mangiando la mia solita pizzetta allo smalto per unghie – l’ingrediente con cui Evaristo ha sostituito il pomodoro ora che non ci sono più gli immigrati che fanno la raccolta nei campi – quando ho notato che il signore del Prenestino tentava di nascondere sua madre sotto al bancone del Totocalcio, ormai in disuso perché le partite finiscono sempre 0 a 0 (da quando non ci sono più gli extracomuntari, non c’è uno che faccia gol).

Il signore si è giustificato dicendo che in ufficio la mamma non gliela fanno portare perché piscia sulla moquette, e non c’è più nessuno che pulisce.

Evaristo ha una sua teoria.

Per lui la colpa è tutta di quella legge anti-immigrazione che trattava gli stranieri come diversi.

Quella che il presidente della Camera Gianfranco Fini aveva ribattezzato la legge Bossi-Stronzi.

Me l’ha mandata MrBojangles Robinson, un uomo forse tendenzioso perchè parte in causa, ma il cui pensiero condivido fino a farlo mio.

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